Lectura Evolae
Goethe affermava che l’occhio è non tanto lo specchio dell’anima, quanto la finestra a cui l’anima si affaccia per comprendere il mondo. Applicando questa immagine vivente alla lettura organica, possiamo dire che l’anima-occhio vede, mediante la lettura, le altre anime che si rivelano attraverso i segni della scrittura. E le comprende, le attrae nel dominio proprio, segnando con questa operazione di lettura un più vasto àmbito in cui le anime si riconoscono e si danno la mano: comunicano tra loro. La stessa metafora si può impiegare riguardo alla lettura che Julius Evola ha compiuto delle scritture dei vari Autori conosciuti, e riconosciuti, durante la sua esistenza. Scritture che si raccolgono nella sua biblioteca e comunicano plasticamente con la scrittura evoliana perché hanno connotati ispirativi comuni, ovvero contengono semi di prospettive, sensi e significati sintonici o dialettici. Richiamare, quindi, Autori letti, mediati e integrati o contrastati da Julius Evola, ascoltare i loro libri parlanti, significa, a sua volta, inspirare e integrare l”aria’ (i suoi sentimenti-pensieri-volontà) che alita in tutta l’opera evoliana — quindi declinare la nostra specifica partecipazione alla configurazione sia della loro visione del mondo che della sua dottrina. In altri termini, vuol dire compiere (con stupore e venerazione) la ricognizione simmetrica di un paesaggio anìmico già visto, già considerato, già ‘letto’ (secondo il luminoso detto di Nietzsche). E pure ripristinare un’architettura di idee già ‘ammirata’, raffrontando la pianta degli Autori che hanno suscitato l’attenzione del Maestro e l’orma propria di Evola — per fiutare, infine, le tracce di noi stessi, lectores et auctores ultimi.